Meditazione

20-24 Dicembre 2023 da EuropaItaliaLazioRietiMagliano Sabina

La gratificante vista sulla Valle del Tevere dall’ex convento ottocentesco di Santa Maria della Grazia, oggi struttura ricettiva a vocazione eco compatibile, insieme all’interesse per la piccola biblioteca che vi ho trovato, mi motivano a trattenermi qualche giorno in più rispetto al consueto programma di viaggio.

Quei libri – nessuna copertina mi sembra banale, nessun personaggio mediocre, nessuna storia convenzionale – mi persuadono, una volta di più, che le parole dovrebbero servire sempre e solo a descrivere il vero, si tratti di un oggetto esterno a se stessi o di uno stato soggettivo dell’essere.

La riflessione mi viene dall’atmosfera, dal silenzio e dall’elevata posizione di questo eco-ostello che accoglie tutto l’anno turisti, viaggiatori, famiglie e gruppi in molte camere e spazi comuni per attività, mostre e incontri.

Si trova a Magliano Sabina, affascinante villaggio a circa 220 metri sul livello del mare in una terrazza del Tevere, facilmente raggiungibile sia da Roma che in provenienza dalla Toscana.

Rileggo in uno di quei libri le parole che già furono per me fonte di cambiamento e che attirano nuovamente la mia attenzione in questi giorni, proprio intorno al significato di quest’ultima capacità della mente nell’indirizzare risorse cognitive su uno o più oggetti, selezionati, fra gli altri non considerati immediatamente salienti.

In particolare, la concentrazione, per mettere a fuoco l’attenzione su un solo punto, lasciando fuori il resto dell’esistenza al fine di lavorare su un oggetto specifico e la contemplazione che, pur spaziando maggiormente, ancora rimane confinata in un campo circoscritto, in un argomento chiuso.

Ma se concentrazione e contemplazione descrivono entrambe un fare qualcosa, un agire, sì cognitivo, ma concettualmente analogo a quello del corpo nel suo insieme, quale parola indica invece, nello stato di veglia, il non fare assolutamente nulla, né con il corpo né con la mente?

La risposta risiede esclusivamente nel sanscrito dhyana, poiché in nessun’altra lingua esiste il significato essenziale di un tale stato dell’essere, sebbene la traduzione comune in occidente sia meditazione. Non qualcosa che si fa e neanche qualcosa che non si fa, bensì qualcosa che si può soltanto comprendere.

E che implica, se necessario, un risveglio di consapevolezza, conduce l’agire alla sola dimensione utile che gli appartiene, mentre l’essere resta passivo, indisturbato e puro testimone – oltre i confini della mente che si concentra o che contempla – dell’intera esistenza.

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